Tentiamo di promuovere
un teatro dialecttico





         
 
  Un importante festival del teatro universitario ha avuto luogo a Tunisi. (…) Molto buoni spettacoli sono stati presentati di cui quello di Kadour Naimi (Algeria): "E all'aurora dov'è la speranza?" che ha ottenuto il premio speciale "Contributo ad un teatro popolare".Nel 1968, mette in piedi una troupe in Algeria "Il Teatro del Mare". Molti spettacoli: citiamo per caso "Il mio Corpo, la tua Voce ed il suo pensiero" (1968), "La Valeur de l'Accord" (1969), adattato da Brecht, "La Formica e l'Elefante" (1971), e "Mohamed, prendi la tua valigia" di Kateb Yacine (1972).

 

   Lei ha partecipato al Festival Internazionale del Teatro Universitario.
   - Ho presentato un'opera intitolata "E all'aurora dov'è la speranza?" (questo titolo è tratto da un verso di Nazim Hikmet, il grande poeta turco). Quest'opera tratta della gioventù in Algeria. (…)
   - Ma cosa aspetta come reazione da parte della gioventù?
   - Da una parte che ritrovi nell'opera i suoi problemi quotidiani, reali, e d'altra parte, che l'opera sia per lei l'occasione di una riflessione con il mezzo del teatro sul suo futuro.
   - Chi è l'autore dell'opera?
   - L'opera è il prodotto delle osservazioni, delle riflessioni e delle discussioni di un gruppo di lavoro con il coordinamento di un drammaturgo, nell'occorrenza io.
   - Questa nozione di lavoro collettivo è diventata un pò una moda.
   - Effettivamente c'è creazione collettiva e creazione collettiva. La falsa è quella che è una "soluzione" ad un'incapacità individuale o ad un rifiuto di prendere delle responsabilità. Ma c'è una vera forma di creazione collettiva , quella che consiste a superare una concezione individualista ed egoista del lavoro di produzione artistica per inserirlo in un processo di sforzi collettivi che arricchiscono ed alzano il livello collettivo con una relazione dialettica positiva.
   - Lei sta scrivendo un libro a proposito?
  - In effetti, è un libro dove mi propongo di fare il bilancio critico e teorico di sette anni di pratica teatrale sia sul piano della scrittura teatrale, che su quello della regia , la scenografia, l'interpretazione, ed anche sulla formazione dell'attore. Perché la compagnia che ho diretto si chiamava "Teatro del Mare: compagnia di ricerche e di realizzazioni teatrali sperimentali". Questa compagnia ha esistito come combinazione tra una scuola di formazione ed una compagnia di produzione teatrale.
   - Si parla di una crisi del teatro nazionale algerino.
   - In realtà, si tratta di una mancanza di produzioni teatrali quantitativamente e qualitativamente. La re-organizzazione in corso dovrà risolvere questo problema, aprendo le porte a tutte le potenzialità che esistono effettivamente in Algeria. La storia del teatro ha mostrato e continua a farlo: soltanto se si incoraggia e si permette la produzione sul piano quantitativo che si arriverà ad un livello qualitativo soddisfacente rispetto al livello nazionale anche internazionale il più avanzato.
   - Su quale base e in quali prospettive si trovano le sue ricerche?
   - Il mio lavoro consiste a promuovere un teatro che sia da una parte popolare, cioè prendendo i suoi temi nei bisogni del popolo, e le sue forme nelle manifestazioni culturali di questo popolo. Dall'altra parte, di promuovere un teatro di ricerca che esca dai sentieri battuti, cioè di non copiare servilmente ne l'estero ne il teatro nazionale passato. Per esempio, due degli spettacoli che ho presentato lo sono stati sotto forma di halga (cerchio) nel 1968 e 1969. Gli spettatori circondavano l'aria di gioco da ogni parte, potevano emettere delle riflessioni o intervenire nel corso stesso delle rappresentazioni. Le opere sono state presentate sia sulla piazza pubblica sia nei cortili delle aziende agricole, che nelle sale delle università o dei licei.
   - Il suo teatro entra nella concezione del teatro greco-latino?
  - La caratteristica fondamentale del teatro greco-latino è la catarsi (vedere Aristotele) o quello che Brecht ha chiamato la "forma drammatica" del teatro. Oggi, siamo nel ventesimo secolo: la metafisica non regna più in modo assoluto. Dopo Aristotele abbiamo conosciuto i trattati antichi indiani sull'arte drammatica, il giapponese Zeami, Brecht, Artaud, ecc. Personalmente, nel mio lavoro teatrale, che sia al livello della scrittura che di quello della regia o dell'interpretazione (le tre cose sono legate), il compito consiste a scoprire l'essenza ed i rapporti dialettici. Brecht, dopo le sue fasi surrealista, didattica, epica scopriva la nozione di "teatro dialettico" (in "Coriolano", "Galileo-Galilei"). Le mie riflessioni si portano su questa nozione, ed anche il mio lavoro: apprezzare il valore di questa nozione, le sue eventuali limiti e le sue possibili ricchezze. Tento, in qualche modo, di verificare la sua validità e, in quel caso, la svilupperei, perché Brecht è morto senza aver fatto questa verifica."

  Quotidiano L'Action, Tunisi (Tunisia)
6 aprile 1973